Alessandro Codegoni • 27 September 2024
Nel corso del mese di settembre il Ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, ha rilasciato diverse dichiarazioni sulla necessità per l’Italia di tornare al nucleare.
Si potrebbero riassumere così: “il raddoppio della domanda di energia al 2050 non è raggiungibile con fotovoltaico l’eolico, visto che per realizzare 200-300 MW servirebbero circa 2mila ettari, mentre un piccolo reattore nucleare della stessa potenza occuperebbe solo 10 ettari. Noi non mettiamo in dubbio gli obiettivi di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ma gli strumenti imposti per farlo: serve il nucleare per coprire circa il 22% del nostro fabbisogno elettrico. Così faremo risparmiare al nostro Paese fino a 34 miliardi di euro l’anno”.
Si potrebbe ribattere che un raddoppio della domanda elettrica è ipotizzabile solo se non si considerano aumenti di efficienza del sistema.
Ma anche che non si capisce perché tale domanda non possa essere coperta da rinnovabili e accumuli. Oppure ricordare che in realtà 200 MW di solare occupano circa 400 ettari, e non 2.000 ha (l’eolico offshore non ne occupa affatto).
Si potrebbe obiettare che non si capisce come, installando la più costosa delle fonti energetiche, il nucleare, si possano far risparmiare miliardi, soprattutto se prenderà il posto delle più economiche, il solare e l’eolico.
E che il 22% di 600 TWh di consumi elettrici, corrispondono alla produzione di 15-20 GW di impianti nucleari, da costruire probabilmente fra il 2030 e il 2050, peraltro in un paese che già due volte ha respinto per referendum questa tecnologia e dove non si riesce neanche a piazzare un deposito per le scorie radioattive.
Ma diciamo pure che il nostro Ministro veda lungo e abbia ragione: visto che la transizione energetica è un processo globale, se il nucleare diventa imprescindibile, allora sarà sicuramente vivo un vero e proprio Rinascimento Nucleare in paesi più razionali e meno refrattari del nostro.
Per capirlo, allora, ci viene in soccorso il World Nuclear Industry Status Report (WNISR) 2024 (pdf) redatto dal consulente dell’energia francese Mycle Schneider e che raccoglie tutti i dati ufficiali sull’industria dell’atomo disponibili a metà 2024.
Il primo numero che salta agli occhi è la potenza nucleare installata nel mondo, 367 GW divisi in 408 reattori. Va detto, per contro, che è quasi di 2000 GW la potenza degli impianti FV: ormai il solare nel mondo ha una potenza 5 volte quella del nucleare e quindi, considerato il diverso fattore di capacità delle due fonti, al momento il solare nel mondo produce più o meno la stessa quantità di elettricità del nucleare, cioè circa il 9%.
Ma questa parità non durerà a lungo: nel 2024 si prevede l’installazione di altri 600 GW circa di solare, contro appena 4 o 5 GW di nucleare, e allora il FV staccherà di il nucleare nella classifica di fonti elettriche.
I 408 reattori attuali, poi, sono 30 di meno di quelli attivi nel 2002; la loro potenza totale ha raggiunto il record del 2006. Ciò vuol dire che i reattori, invece di diventare più piccoli, come auspica il ministro, sono cresciuti nelle loro dimensioni medie.
In particolare, nell’ultimo anno sono stati attivati 5 nuovi reattori nucleari, uno in più dell’anno precedente, in Bielorussia, Cina, Slovacchia, Corea del Sud e Stati Uniti, mentre in costruzione ce ne sono 59 (erano 64 un anno prima), di cui 27 nella sola Cina e il resto in altri 12 paesi; 23 di questi progetti sono segnalati in ritardo sui tempi previsti, e 10 in grave ritardo.
Ritardi a parte, è questa aggiunta di 59 nuovi reattori segno del famoso Rinascimento Nucleare?
Lo sarebbe se non ci fossero al tempo stesso le chiusure di vecchie centrali nucleari: nel ventennio 2004-2023 ci sono stati 102 nuovi avviamenti e 104 chiusure; 49 avviamenti sono avvenuti in Cina, che non ha chiuso alcun reattore, il che vuol dire che nel resto del mondo c’è stato un declino netto di 51 unità nello stesso periodo, con una diminuzione di potenza di 26,4 GW.
La maggior potenza nucleare ed economica mondiale, gli Usa, per esempio, nel 2024 non ha avviato nessun reattore nucleare, né ha progetti in corso, e nemmeno ha ricevuto nuove richieste di autorizzazione.
Dei 213 reattori nucleari chiusi finora nel mondo, fra l’altro, solo 23 sono in fase di smantellamento, e solo in 9 casi è stato completato: gli altri restano lì, aspettando che qualcuno spenda i miliardi necessari a levarli di mezzo.
Un’eredità che peggiorerà nei prossimi anni, quando decine di reattori nucleari, costruiti in gran parte negli anni ‘80 e ‘90, dovrebbero chiudere per raggiunti limiti di età, a meno non se ne prolunghi l’esistenza con costose operazioni di manutenzione straordinaria.
Anche se queste non mettono al riparo da brutte sorprese, come i problemi che nel 2022 hanno azzoppato il vetusto parco nucleare in Francia, costringendola a importare tanta elettricità (eolica) dalla Germania, per non restare al buio.
Come Rinascimento Nucleare Globale non sembra un gran che, ma forse c’è quello cinese?
Eppure nell’ultimo anno il paese ha aggiunto 1 GW di potenza nucleare contro 200 GW di FV. Nel 2023 il nucleare cinese ha prodotto 434 TWh contro i 1.470 TWh di sole a vento, con un divario in crescita sul 2022 quando il vantaggio di FV ed eolico era di 730 TWh. Numeri impressionanti, che però non devono far dimenticare che ci sono ancora 5.700 TWh da carbone da sostituire.
Al momento quindi, nel paese che costruisce più centrali nucleari al mondo, solo il 4,4% dell’elettricità è coperta dal nucleare, che però cala sotto l’incalzare delle rinnovabili. Forse quel 22%, che dovrebbe raggiungere l’Italia, sembra decisamente velleitario.
Tanto più se si vede chi sono i produttori di nucleare più attivi del mondo: fra il 2020 e il 2024, dei 35 nuovi progetti avviati per centrali nucleari, 22 sono reattori Made in China e 13 reattori Made in Russia; non esattamente i paesi al momento considerati più affidabili secondo l’Occidente.
Forse, però, il nucleare sarà comunque indispensabile per compensare l’intermittenza di sole e vento?
Parebbe di no secondo il rapporto che cita un documento della Banca d’investimenti Lazard: il solare-eolico con accumulo sono già significativamente più economici dell’energia nucleare in molti mercati, mentre a partire dal 2025 saranno più economici anche dell’elettricità generata da gas e carbone, prima in Cina e poi via via nel resto del mondo.
E vengono dei dubbi anche sulla capacità del nucleare di servire da “compensatore” per la produzione da rinnovabili intermittenti.
Costando carissimo, il nucleare deve cercare di funzionare sempre alla massima potenza per recuperare prima possibile l’investimento, e non certo andare su e giù per seguire la produzione da sole e vento.
Già oggi in Francia, nei giorni festivi soleggiati o con molto vento, si vede il nucleare calare la sua potenza di picco anche di 15 GW nelle ore centrali della giornata, perché l’export elettrico non trova sfogo quando tutti i vicini producono già tanta elettricità solare ed eolica.
Una situazione che andrà via via a peggiorare e che può essere tollerata con il vecchio nucleare ormai ammortizzato, ma non con il nuovo ancora da ripagare.
Infine, c’è l’ultima speranza dei nuclearisti: il piccolo nucleare modulare o SMR.
Com’è noto non è una novità, si tratta di una rivisitazione dei reattori usati per navi e sommergibili fin dagli anni ’50.
Ma c’è una ragione per cui non sono mai stati usati finora per il nucleare civile: oltre al fatto che fare tanti impianti piccoli invece di uno grande, peggiora la facilità di gestione, sicurezza e accettazione da parte del pubblico, se si punta a diminuire il prezzo del kWh, gli impianti dovranno diventare più grandi, non certo più piccoli.
È una basilare legge dell’economia che trova la sua prima conferma nella commessa cancellata per il primo reattore modulare NuScale negli Usa, l’unico che abbia un progetto approvato in Occidente, rifiutato perché “troppo costoso”.
Certo, una volta avviata una filiera industriale di SMR, il loro prezzo si abbasserà; peccato che questo non avverrà prima del prossimo decennio, quando sicuramente anche l’industria delle rinnovabili e degli accumuli offrirà soluzioni molto più economiche delle attuali e molto meno controverse del nucleare.
Il rapporto liquida il “piccolo nucleare” facendo notare come “il divario tra l’entusiasmo per gli SMR da parte di politici e industria nucleare e la realtà, continua a crescere”.
Lo stesso oggi si può dire per tutto il nucleare in generale: più che acquistare slancio e diventare decisivo, questa fonte sembra che si stia avviando all’irrilevanza nel mercato mondiale dell’energia, con buona pace delle speranze di molti e di Pichetto Fratin.
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